La politica di occupazione tedesca in Polonia.


Lo studio, da parte degli storici, dei documenti tedeschi, ha portato ad accertare che lo scopo strategico della guerra contro la Polonia e la Cecoslovacchia - e, con una più complessa motivazione, contro l'U.R.S.S., che sarebbe stata aggredita nel 1941 - era quello di ampliare lo "spazio vitale" della Germania sottomettendo le regioni abitate da popolazioni slave.
Poco dopo l'istituzione del Governatorato generale, Hans Frank dichiarò che per la Germania era incominciata "l'epoca dell'Oriente", lasciando intendere, con questa espressione, che i tedeschi avrebbero dovuto colonizzare e riorganizzare sistematicamente i territori dell'Europa orientale.
Da un lato la Polonia doveva diventare la testa di ponte per l'invasione tedesca dell'Unione Sovietica; dall'altro, come disse ancora Frank [tutte le citazioni sono tratte da Bracher (1973), p. 550],

«Ai Polacchi devono essere messe a disposizione solo quelle possibilità di istruzione che possono mostrare loro la mancanza di prospettive del destino del loro popolo [...] dovranno capire la differenza tra il tenore di vita del popolo dominante e quello dei popoli soggetti [...] nessun polacco dovrà superare il rango di un capo operaio».

Ancora nel 1940, riferendosi sempre alla Polonia, Frank affermò che

«noi [Tedeschi] abbiamo a disposizione un gigantesco campo di lavoro, dove tutto ciò che significa potenza e autonomia è nelle mani dei Tedeschi».

Anche Heinrich Himmler, capo della polizia e delle SS ed uno dei maggiori gerarchi del regime nazista, si espresse in termini molto chiari su quello che avrebbe dovuto essere il destino delle popolazioni slave dopo la vittoria della Germania:

«bisogna stringere i Cecoslovacchi e i Polacchi nella tenaglia di ferro del popolo tedesco».

E ancora Frank, nel 1944, poco prima di dover abbandonare Cracovia, ormai minacciata dall'avanzata delle truppe sovietiche, dichiarò:

«quando avremo vinto la guerra, allora degli Ucraini e dei Polacchi e di quelli che stanno loro intorno, per quanto mi riguarda si può farne polpette. Si può farne ciò che si vuole!»


In realtà, i tedeschi iniziarono a "fare polpette" degli slavi già all'inizio della guerra. Subito dopo l'occupazione della Cecoslovacchia (1938), l'amministrazione delle SS diramò una circolare con la quale si ordinava l'arresto e la "neutralizzazione" (un termine volutamente ambiguo, che poteva essere interpretato dagli esecutori in modo molto elastico) di tutti gli "intellettuali" (includendo in questa categoria tutti coloro che possedevano almeno un diploma di scuola superiore. In Polonia, nell'ottobre 1939, in modo analogo si procedette alla chiusure delle scuole, all'esclusione dalla professione di tutti gli insegnanti (era proibito anche impartire lezioni private a polacchi) e all'arresto dei docenti universitari, a prescindere dalla loro posizione verso l'occupazione tedesca (non si volevano colpire, insomma, i reali o potenziali oppositori politici del nazismo, ma gli intellettuali polacchi in quanto tali).
Lo scopo di queste disposizioni, diligentemente eseguite dalla polizia tedesca (Ordungspolizei) e dalle SS non solo nelle regioni direttamente annesse alla Germania, ma anche nel Governatorato generale, era duplice: da un lato, come si è detto, eliminare, anche fisicamente, un'intera classe dirigente nazionale; dall'altro, instaurare nei Paesi slavi occupati un regime di terrore che avrebbe scoraggiato qualunque tentativo di ribellione. Gli stessi campi di concentramento, resi poi tristemente famosi dalla loro trasformazione in campi di sterminio per gli ebrei, di Auschwitz, Majdanek e Treblinka, situati il primo nei territori annessi alla Germania, il secondo nel distretto di Lublino, il terzo nel distretto di Varsavia (entrambi nel Governatorato generale), sorsero nel 1940 per accogliere i prigionieri polacchi, politici e non, destinati a lavorare come veri e propri schiavi per l'industria bellica tedesca.
Nel 1941 ebbe inizio, nella regione annessa alla Germania del Warthegau, la "ricolonizzazione" e la "germanizzazione" delle terre: centinaia di migliaia di contadini Polacchi ed Ebrei vennero espulsi e deportati nel Governatorato generale o direttamente nei campi di concentramento e le loro proprietà vennero consegnate a tedeschi del Baltico e a tedeschi rimpatriati dall'Unione sovietica (i cosiddetti Volksdeutsche).
Questo programma di "pulizia etnica" non venne mai portato completamente a termine, anche perché le vicende belliche lo impedirono, ma la sua esecuzione venne condotta con gli stessi sistemi che la polizia tedesca e le SS avrebbero utilizzato contro gli ebrei. Come ha testimoniato, dopo la fine della guerra, un ex-poliziotto tedesco incaricato di partecipare ad una "azione di ricolonizzazione" nel Warthegau,

«Nella deportazione della popolazione locale, soprattutto nei piccoli villaggi, ho assistito ai primi eccessi e fucilazioni [...] All'inizio cercavamo di portare tutti fuori dalle case, senza distinzioni, fossero essi vecchi, malati o bambini piccoli. La commissione trovò presto da ridire sulle nostre procedure. Per essere precisi, non ci diedero in un primo tempo l'ordine di fucilarli sul posto, si accontentavano piuttosto di mettere in chiaro che quella gente era inutile. Ricordo due casi in cui persone di questo genere furono eliminate nel punto di raccolta. Nel primo caso si trattava di un uomo anziano e nel secondo di una donna anziana [...]» [citato in Browning (1995), p. 39].


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