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LE INTERPRETAZIONI INTENZIONALISTE. |
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Lucy Dawidowicz, che è una delle esponenti più importanti della storiografia intenzionalista, ha sostenuto che «la guerra e l'annientamento degli Ebrei erano interdipendenti», poiché la situazione estrema prodotta dalla guerra avrebbe fornito a Hitler «la copertura per la perpetrazione della strage senza alcun freno» [Dawidowicz, 1975, p. 111]. Ciò non significa che senza la guerra lo sterminio degli Ebrei non avrebbe potuto aver luogo: l'intenzione di annientare gli Ebrei sarebbe stata presente, secondo la Dawidowicz, sin dall'inizio nei programmi hitleriani: la guerra fornì semplicemente lo scenario opportuno per la realizzazione di quei programmi, in quanto sospendeva la dimensione ordinaria della vita civile, rimuovendo ogni freno morale e fornendo più di un pretesto per l'assassinio di massa. Sulla medesima linea interpretativa, Gerald Fleming ha individuato «una continuità ininterrotta di espressioni specifiche» [Fleming, 1984, pp. 2, 13, 24] utilizzate da Hitler per orientare la politica nazista verso lo sterminio. In modo particolare, Fleming (e anche la Dawidowicz) interpreta come premessa diretta dello sterminio un passo del discorso pronunciato da Hitler il 30 gennaio 1939 davanti al Reichstag: «Se i finanzieri ebrei internazionali fuori d'Europa riusciranno a far precipitare ancora una volta le nazioni in una guerra mondiale, il risultato non sarà la bolscevizzazione della terra, e quindi la vittoria degli ebrei, ma l'annientamento della razza ebraica in Europa» [Baynes, 1942, vol. I, pp. 735-741]. Anche Ernst Nolte interpreta lo sterminio come logica conseguenza del pensiero nazionalsocialista, in particolare di due assiomi fondamentali: l'interpretazione dell'ebraismo come origine di tutti i mali della modernità e l'identificazione di ebraismo e bolscevismo. «Con lo sterminio degli Ebrei voluto da Hitler, non siamo di fronte a dei criminali che commisero dei crimini, ma a un misfatto senza paragoni in cui vennero travolti certi principi» [Nolte, 1963 (trad. it., p. 560)]. In altre parole, l'intenzionalismo di Nolte è personalizzato e unilaterale: rintracciando le origini dello sterminio degli Ebrei nella volontà di Hitler, «un uomo al limite della malattia, perseguitato da angosce patologiche la cui causa era, per la sua facoltà intellettiva infantile-eidetica, l'“ebreo” » [Nolte, 1971, p. 511], egli finisce per deresponsabilizzare l'immenso apparato burocratico che eseguì materialmente il genocidio, e anzitutto gli uomini, processati a Norimberga nel 1945, che ricoprirono posti di enorme responsabilità politica e amministrativa nel Terzo Reich: «Questi uomini - sostiene Nolte - erano migliori di quanto si fosse pensato in quasi tutto il mondo, ma erano state menti più deboli di quanto non si potesse supporre. [...] Non a caso essi erano stati vittime di colui che aveva dimostrato maggiore coerenza» [Nolte, 1971, p. 561]. E ancora nel più recente saggio su quella che egli stesso chiama la "guerra civile europea", la preoccupazione principale di Nolte sembra essere quella di negare la responsabilità collettiva dei Tedeschi e dell'apparato burocratico tedesco nel processo dello sterminio, aggrappandosi alla debole argomentazione secondo cui la "segretezza" del genocidio e una presunta, tayloristica divisione del lavoro burocratico, costituirebbero le prove più evidenti della responsabilità unilaterale e personale di Hitler, che avrebbe occultamente realizzato un «rovesciamento della filosofia della storia tradizionale», incarnando - lascia intendere Nolte - una sorta di Anticristo [cfr. Nolte, 1988, pp. 414-415]. Infine, la tesi intenzionalista di Eberhard Jäckel appare meno drastica di quella degli storici sin qui citati. Per Jäckel, le posizioni antisemite espresse da Hitler nel Mein Kampf presuppongono e richiedono «i metodi del tempo di guerra», quindi non è sorprendente che lo sterminio sia avvenuto durante la guerra, benché le sue premesse fossero state poste già negli anni Venti. Tuttavia, Jäckel ammette anche che a partire dal 1941-1942 «lo sterminio degli Ebrei divenne sempre più lo scopo principale della guerra in quanto tale; quando le sorti della guerra si rivolsero contro la Germania, la distruzione degli ebrei divenne il "dono" che il nazionalsocialismo offriva al mondo» [Jäckel, 1984, p. 46]. In altri termini, pur restando convinto del fatto che il genocidio degli Ebrei d'Europa sia stata diretta conseguenza delle posizioni ideologiche naziste - quindi che fosse contenuto, in nuce, nelle origini stesse del NSDAP - Jäckel riconosce che l'intenzionalità originaria prese lentamente forma nelle circostanze che si vennero a determinare nel tempo, soprattutto dopo l'inizio della guerra e segnatamente dopo l'inizio (nel 1941, appunto) della guerra contro l'Unione Sovietica. |
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